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IX

Passando da Iseo risaliva la sponda est del Sebino fino a Sulzano per poi inerpicarsi a mezza costa (non costeggiando il lago) per passare da Colpiano (antica frazione di Sale Marasino) e risalire ancora verso Zone dove ridiscendeva rapidamente verso la Valle Camonica passando per Grignaghe. In località Palotto (all'inizio della attuale val Palòt) si ricongiungeva con l'altra importante via romana che passando da Pezzase si univa alla strada principale che scendeva poi in Val Trompia. Anche questa via fu certamente ricavata seguendo il tracciato di un precedente sentiero già percorso in epoca preistorica dai Camuni e dai Triumplini. Questo tronco della via Valeriana proseguiva verso il fondo valle senza però mai toccarlo (a causa delle solite paludi prosciugate solo otto secoli dopo !) e passava per Artogne (nata nei primi anni di dominazione romana come stazione di posta o di cambio cavalli), Gianico, Montecchio e proseguendo per Esine raggiungeva Cividate dove, nella capitale romana della Valle, si incrociava con la via che scendeva dal Crocedomini. Lungo queste importanti arterie di comunicazione nacquero molti piccoli centri e si sviluppò un intenso traffico e la civiltà romana si impose rapidamente. Ma, come logico, la romanizzazione non si realizzò in modo uniforme, continuo e in modo rapido in tutto il lungo solco dell'Oglio. Gli altri paesi, quelli nascosti nelle numerose e piccole valli laterali confluenti nella Valle Camonica, pure appartenenti ufficialmente alla "Res Publica Camunnorum", vennero in pratica abbandonati al loro tradizionale isolamento, alle loro secolari ed immutate abitudini e a uno stile di vita semi-barbaro che, nelle sue primordiali espressioni, si protrasse ancora per più di mille anni. Questo stato di cose (usi, religione, alimentazione, vestiario, pastorizia, agricoltura e struttura socio familiare) rimase stabile e immutato per questo lunghissimo periodo in evidente e anche stridente contrasto con il genere di vita sempre più improntato al modello romano che si andava affermando nel capoluogo e negli altri paesi toccati dalla via Valeriana e dai flussi commerciali che su essa transitavano. Come già scritto era consuetudine, ma anche necessità politica e sociale dei conquistatori Romani, trasformare radicalmente la città o il borgo che veniva eletto a capoluogo di ogni colonia, facendone un'immagine o una copia di Roma, anche se, logicamente, in scala ridotta. Questo accadde, naturalmente in misura proporzionale alla sua relativa importanza, anche per Vannia che già nel 15 a.C. venne ribattezzata "Civitas Comunnorum" cioè la "città dei Camuni". Il ritrovamento di numerose epigrafi ma specialmente di importanti reperti di epoca romana scoperti in alcuni scavi (ancora in atto) sono sufficienti indizi per comprendere abbastanza bene come doveva essere l'antica Civitas Camunnorum: strade ampie, diritte e lastricate, acquedotti che portavano acqua in abbondanza dalle sorgenti alle numerose fontane pubbliche o vasche private, grandi edifici pubblici come il pretorio, il tempio, le terme, l'anfiteatro, il teatro e numerose ville private adornate da pavimenti in mosaico, colonne, fontane, stucchi, bassorilievi e statue a dimostrazione della ricchezza e nobiltà dei proprietari.

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