VI
I
Camuni in un primo tempo e durante le fasi della conquista territoriale
dell'intera vallata furono aggregati alla "Colonia Civica Augusta"
di Brescia ma ottennero ben presto la "Res Publica" autonoma e la
cittadinanza romana con tutti i diritti che essa comportava. Nella
rassegna delle numerose epigrafi romane nella terra dei Camuni,
si rileva chiaramente che essi godettero pienamente di tutti i diritti:
"poiché avevano culto e sacerdozio, contraevano matrimonio, possedevano
e disponevano per testamento, facevano parte dell'esercito fino
a raggiungervi i più alti gradi, conseguivano cariche pubbliche
di carattere municipale". Dalle stesse lapidi si ricava che i Camuni
avevano il proprio ordine municipale - Ordo Camunnorum - e i relativi
"decurioni, duoviri jure dicundo, edili, questori (honores municipales).
I duumviri, in quanto amministravano la giustizia si chiamavano
anche Praetores e, benchè nessuna epigrafe accenni a pretori Camuni,
sembra assodato che ve ne furono perché a Cividate erano stati eretti
importanti edifici giudiziari, tra cui il pretorio". Civitas Camunnorum,
l'antica Vannia dei Camuni, l'odierna Cividate Camuno, venne scelta
come capoluogo della nuova Res Publica di "Vallis Camunorum" oltre
che per motivi "politici" anche per la sua collocazione geografica
punto obbligato di passaggio tra la bassa e media Valle e alla confluenza
di alcuni importanti sentieri e mulattiere dei Camuni che i romani
si affrettarono a trasformare in ampie strade più moderne e transitabili
per scopi civili e militari. Gli altri centri più importanti del
Sebino, della Val di Scalve e della Valle Camonica che gravitavano
amministrativamente su Cividate erano allora: Sale Marasino, Pisogne,
Rogno, Borno, Vilminore, Cemmo ed Edolo. Essendo Cividate sede dell'organizzazione
amministrativa, giudiziaria e militare, divenne automaticamente
il centro anche della nuova vita "sociale" che i Camuni impararono
a conoscere: la vita di una piccola capitale di una provincia dell'immenso
Impero Romano. Si trattava di una vita certamente più intensa e
dinamica di quella fino ad allora vissuta nella quiete dei selvaggi
boschi o dei piccoli villaggi o castellieri della Valle Camonica,
ma specialmente un "modus vivendi" più aperto agli scambi di idee,
all'assimilazione di nuove formule e alle iniziative commerciali
e culturali. Era in pratica, in scala logicamente ridotta, ma molto
similare, la copia conforme e originale della vita nella lontana
"Urbis", quella che i cittadini romani conducevano nella grande
capitale e che era da esempio, da guida e da modello in ogni angolo
del vasto impero. Trapiantatisi in valle, dopo la vittoria militare,
i romani portarono le loro usanze, le loro leggi e specialmente
il loro affermato stile di vita. Come spesso capitava, alla fine
delle loro campagne di conquista, i militari e i veterani dell'esercito
si stabilivano sul territorio. Ricevevano, come compenso di atti
di eroismo in guerra e del lungo servizio militare, vaste proprietà
e benefici o licenze e si trasformavano in possidenti terrieri,
artigiani o coloni, commercianti, imprenditori e funzionari.
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