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III

In questo piano di conquista dell'Europa centrale (attuale Svizzera e bassa Germania) l'occupazione della Valle Camonica, vista la sua conformazione geografica che puntava direttamente da sud a nord e verso il centro Europa, fu ritenuta strategicamente essenziale e necessaria non solo per ricondurre all'ordine quelle bande di Camuni che "scendevano incessantemente giù dai monti per mettere a sacco e fuoco le ubertose campagne vicine", ma soprattutto perché la vallata dell'Oglio doveva diventare una delle più preziose, dirette e importanti vie di comunicazione fra la pianura padana e la Rezia che i Romani volevano definitivamente conquistare e sottomettere. Come già accennato, nel corso della stessa spedizione, oltre ai Camuni, vennero soggiogati anche i Triumplini che erano stanziati nella Valle Trompia e i Vennoneti, strettamente legati da antichissimi contatti (e forse derivanti dallo stesso ceppo) ai Camuni e che abitavano la Val Tellina. Le tre valli lombarde più importanti e ricche entrarono così nell'orbita d'influenza romana, dopo secoli di fiera indipendenza e voluto isolamento. I nomi di questi popoli, per dimostrare la grande importanza che i romani diedero a questa conquista, vennero incisi (proprio in ordine di importanza) ai primi tre posti nell'elenco delle trentaquattro "gentes alpinae devictae" menzionate nel trofeo di Augusto a La Turbie nella Gallia meridionale. La Valle Camonica, dal lago Sebino fino al monte Tonale, era dunque completamente soggiogata e posta sotto le aquile imperiali. Va comunque ricordato che già in numerose occasioni, prima del 16 a.C., i Camuni si erano scontrati più volte con le legioni dei Romani: sempre avevano brillantemente resistito alle temporanee e parziali invasioni di parti del loro territorio, alle razzie, agli sconfinamenti nella bassa valle da parte degli eserciti di Roma che erano stati impegnati, ma solo occasionalmente e sporadicamente, nelle selvagge vallate del nord alpino, prima delle imponenti e organizzate spedizioni volute da Augusto. La storia ufficiale di questi attriti (che il alcuni casi si erano trasformate in antichissime leggende) ricorda alcuni importanti scontri avvenuti dopo alcune improvvise, sporadiche e sanguinose razzie compiute da alcuni dei popoli alpini ed effettuate nelle fertili e ricche pianure. Fu particolarmente pesante la rappresaglia messa in opera dai Romani in due occasioni che, quasi certamente, interessarono anche la Valle Camonica: nel 118 a.C. durante la spedizione di Quinto Marcio contro gli Steni delle valli Giudicarie, e nel 95 a.C. quando il console Lucio Crasso "fece perlustrare le valli alpine in tutta la loro estensione e massacrarne gli abitanti, né tuttavia gli venne fatto di ucciderne abbastanza per celebrare un trionfo minore e congiungere l'alloro del vincitore alla gloria dell'oratoria". Insomma il console Crasso non riuscì a compiere una pulizia etnica totale eliminando sistematicamente tutti i valligiani delle Alpi e per questo (con suo enorme dispiacere) non poté sfilare davanti al popolo romano sulla biga del trionfo. Queste azioni però, che servivano solo a rendere più ostili e ad irritare le popolazioni senza sottometterle, non modificarono sostanzialmente la situazione generale.

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