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II

Fu in questo periodo che si possono presumibilmente collocare le prime timide e fugaci apparizioni dell'uomo anche nelle valli alpine. Inizialmente dovette trattarsi solo radi e sparuti gruppi di cacciatori che, durante le stagioni meno rigide, si avventuravano all'inseguimento di qualche capo di selvaggina che, per sfuggire alla cattura, cercava rifugio risalendo le scoscese pareti rocciose e le folte e inospitali selve delle montagne più impervie. Poi gruppi più numerosi di cacciatori mesolitici seguirono i primi e armati con attrezzi rudimentali, ma spinti dalla ricerca del cibo e con spirito di esplorazione, di sopravvivenza e di conquista di nuovi territori di caccia, risalirono gradatamente la valle. Passarono i profondi avvallamenti, costeggiarono gli altipiani, guadarono il paludoso e inospitale fondovalle ed eressero, a quote di sicurezza, dei piccoli accampamenti stagionali che dovevano avere la funzione di campi base per le lunghe battute al camoscio ed allo stambecco che dimoravano, nella stagione calda, ad alta quota. Di questi primi frequentatori della nostra terra rimangono pochissime tracce sul "fondo della valle" o a quote relativamente basse, mentre sono presenti a quote più elevate. Il motivo era evidente: infatti quasi tutta questa vasta area fondo valliva, che si estendeva dal lago Sebino ben oltre le naturali strettoie di Cividate e Breno, doveva essere ricoperta da acque o da zone paludose e per questo solo sugli spuntoni rocciosi affioranti o sulle pendici delle montagne era possibile stabilirsi, vivere e lasciare tangibili testimonianze: qui sono stati individuati i primi segni concreti della presenza dell'uomo. Già allora, questi antichi Camuni (forse appartenenti al ceppo dei Liguri che si erano radicati in quasi tutto il nord Italia) lasciarono le loro impronte sulle colline rocciose circostanti Breno. Graffiando le rocce levigate impressero per i millenni successivi molte figure, incise con pazienza e fervore religioso, tra le quali, per prime, forse a dimostrazione di una stretta comunanza con la natura, alcune immagini di bovidi. Ma, di queste remote presenze non stabilmente stanziali, sono altresì molto significativi anche i ritrovamenti dei resti di un accampamento e di alcuni strumenti in pietra, come degli arpioni, delle frecce e alcuni frammenti di strumenti d'uso comune, necessari nella precaria vita quotidiana di quegli intrepidi cacciatori. Questi primitivi manufatti dimostrano e riaffermano come fossero la caccia e la pesca le principali attività di sostentamento in quell'epoca in cui non era ancora presente un'agricoltura razionale. L'alimentazione con i frutti selvatici doveva avvenire solo con la naturale forma della semplice raccolta stagionale di frutta spontanea, non regolata dall'uomo e certamente non prevista o organizzata. Nel Mesolitico (Era incastonata tra il paleolitico e il neolitico) si ebbe un ulteriore graduale miglioramento del clima e seguì un lungo periodo (detto Atlantico) molto piovoso, con temperature piuttosto sostenute e con il conseguente infittirsi ed estendersi, anche a quote elevate, delle aree silvestri ricoperte di vegetazione d'alto fusto.


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