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Monno: LA STORIA



Pur non avendo ancora ritrovato chiare testimonianze della presenza di insediamenti di epoca preistorica, la posizione geografica di Monno presenta tutte le caratteristiche storiche perché in quel sito fosse insediato, fin dal periodo Atlantico, un qualche riparo o rifugio per un piccolo nucleo di esseri umani che, spostandosi da valle in valle percorrevano i passi delle nostre montagne e si stabilivano in zone di facile accesso e in posizioni dominanti (prime presenze in Valle Camonica dei primi cacciatori appartenenti al ceppo ligure, diffuso in quasi tutte le vallate alpine). Dopo la conquista romana del 16 a.C. nella guerra Retica, la via Valeriana, importante arteria di comunicazione che collegava la Valle Camonica con la Val Tellina (per proseguire poi verso il centro Europa), venne fatta transitare in questa zona, passando e inerpicandosi per la rupe di San Brizio. Questa strada era una delle principali vie di transito nel periodo post-romano, dei flussi di pellegrini e di merci che, passando dalle nostre valli defluivano verso sud per raggiungere la pianura padana e le grandi città italiane e verso nord attraversando le Alpi per giungere nelle pianure della Baviera e dell'Europa continentale. Per fornire riparo e ricovero ai mercanti e ai viandanti vennero edificati molti ospizi che erano posizionati ai margini di queste grandi vie di comunicazione e anche poco prima del passo del Mortirolo fu costruito uno di questi edifici in cui trovavano momentaneo rifugio coloro che transitavano sulla polverosa e erta strada. Nei pressi del passo del Mortirolo si svolse, nel 773, la famosa battaglia (ricordata anche nella tragedia del Manzoni) tra i Longobardi guidati da Adelchi ed i Franchi condotti personalmente da Carlo Magno. L'anno dopo (774), quando Carlo Magno donò tutta la Valle Camonica ai monaci francesi del ricchissimo e famoso monastero di Cluny questi costruirono, nei pressi del preesistente ospizio, una chiesetta in onore di San Brizio. Questo tempio, poco dopo l'anno mille, divenne sede di fonte battesimale e, staccandosi da quella primaria di Edolo, una delle prime Pievi indipendenti dell'alta Valle Camonica. Passato sotto la Curia vescovile di Brescia, il piccolo borgo di Monno e la zona circostante, fino al passo del Mortirolo (che faceva da confine tra le valli Camonica e Tellina), vide l'infeudamento di uno dei rami della prolifica e potente famiglia ghibellina dei Federici che, come in ogni paese di tutta l'alta valle, costruì una rocca o un'abitazione fortificata, di cui non restano che poche tracce. Dopo le varie vicissitudini dei XIV e XV secoli in cui la valle fu percorsa da numerose bande di armati al servizio del ducato di Milano e della Serenissima Repubblica di Venezia e dopo la definitiva affermazione delle truppe di San Marco e il totale passaggio ai veneti dell'intera Valle Camonica, nel 1610 nel famoso "Catastico" del delegato veneto Lezze (che ci dona un quadro generale molto vivo e preciso della valle in quel secolo)si legge che a Monno la terra era poca e non fertile e che in loco erano presenti due mulini e una segheria. I boschi vicini fornivano abbondante legname anche se non di tipo pregiato. Lo stesso legname veniva in parte lavorato in loco e altro spedito in altre segherie dei paesi vicini. Un curioso e significativa nota che compare a margine della relazione del rettore veneto ricordava che gli abitanti di Monno "sono tra quelli che, in tutta la Valle Camonica, parlano meglio perché in molti vanno a Roma a fare gli acquaroli (o acquaioli)" (= vendita di acqua per le strade). Il sito su cui sorgeva il piccolo borgo, composto quasi completamente da case rurali con stalla e fienile sotto lo stesso tetto, era, ancora nel periodo veneziano, molto frequentato da viandanti di passaggio, essendo il Mortirolo, ancora il più importante passo di collegamento diretto tra la Valle Camonica e la Val Tellina. E proprio il 1600 fu il periodo più florido per Monno e i suoi abitanti: gli intensi traffici e il transito di molti commerci fecero si che l'abitato si arricchisse di abitazioni signorili tra le quali spicca per la sua architettura gentilizia casa Minelli. Visti i materiali con cui venivano costruite la maggior parte delle case (legname e fascine), il tipo di illuminazione usato (candele e olio) e il metodo di riscaldamento (camini e fuochi aperti) gli incendi erano frequenti e devastanti, il più furioso viene ricordato nel 1737: distrusse gran parte dell'abitato ma nello stesso anno le case furono tutte ricostruite. L'importanza sempre maggiore assunta a partire dal XVII secolo dal parallelo passo dell'Aprica (che congiungeva però più rapidamente e con minori difficoltà le due valli Camonica e Tellina) fece cadere in disuso il più difficile passaggio dal Mortirolo e Monno rimase al margine dei grandi traffici decadendo a ruolo di piccolo paese di montagna. Durante il ventennio fascista Monno fu aggregato amministrativamente al vicino comune di Incudine. Alla fine delle Seconda guerra Mondiale, al passo del Mortirolo e nei prati circostanti sul versante camuno del valico, si svolse una furiosa battaglia, che in più riprese (e in giorni diversi) vide la vittoria delle formazioni partigiane che ricacciarono sul fondo valle truppe repubblichine affiancate da numerosi soldati tedeschi. Questi reparti, ancora ben organizzati e armati, ormai consci della sconfitta, cercavano di aprirsi una via di fuga verso la Svizzera. Gli ultimissimi giorni di guerra furono il periodo più virulento della resistenza contro le truppe nazi-fasciste e questa battaglia venne ricordata come una delle più violente e cruente svolte nelle nostre valli. Monno, nel 1947, riottenne la sua indipendenza amministrativa divenendo comune autonomo.